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Non c’è ripresa senza analisi

Tutto diventa meno prevedibile e tutto quello per cui abbiamo studiato, cosi come lo conoscevamo, forse è da buttare.
Una cosa è certa non saremo più quelli di prima.
Non ci muoveremo più come prima e non avremo forse le stesse abitudini di prima

Sicuramente il mondo del marketing e della comunicazione aziendale, ha bisogno di fronteggiare questa situazione e la resa non è assolutamente la mia strada preferita

“di doman non c’è certezza.” E oggi più che mai bisogna rispolverare quei vecchi libri per trovare la soluzione.


La storia insegna!

E proprio dopo la peste l’inversione di tendenza fu quella di spostare le attività produttive specialmente lana e seta dalla città alle campagne a causa degli elevati costi di manodopera.

Questi lavori vennero affidati a lavoratori che alternavano il filatoio e il telaio ai lavori dei campi. Questo venne chiamato sistema domestico, forse oggi utilizzeremo un inglesismo per definirlo smart working, o la chiameremo diversificazione di reddito ma tutto sommato non possiamo vantare nulla di nuovo se nel 1300 le esigenze spinsero le persone, pur non conoscendo l’inglese,  ad adattarsi ad una nuova normalità


Proprio in questi giorni leggendo qua e la cercavo risposta ad una domanda:
Cosa si aspettano i nostri consumatori una volta terminata l’emergenza?


Una frase in particolare di Albert Camus mi ha aiutato a riflettere su un tema fino ad oggi non approfondito dal 70% delle aziende e battitori liberi.

La peste aveva ricoperto ogni cosa: non vi erano più destini individuali, ma una storia collettiva, la peste, e dei sentimenti condivisi da tutti.

Una sentimento comune che riparte dal territorio, questo forte legame interrotto.

Tante volte le aziende parlano di territoriale senza mai entrarci pienamente, senza mai far emergere quel sentimento di appartenenza innato in noi.

Le relazioni e le collaborazioni, quel senso comune che definiamo co-marketing, che nel passato hanno aiutato i nostri predecessori a rimettersi in piedi e rimettere in piedi un paese, oggi più che mai dovrebbe essere il giusto sentimento di ripartenza.

Spesso sento dire: quando ritorneremo alla normalità?
La mia irrilevante risposta è: ci adatteremo ad una nuova normalità.

Una nuova normalità che immagino metta al centro l’individuo e l’individualità nei processi di acquisto e il territorio e la comunità al centro della comunicazione

In quanti a Giugno affolleranno i centri commerciali, con quanta diffidenza vedremo il prossimo a meno di un metro?
Non c’è presunzione nel tentare di rispondere a queste domande ma per chi opera nel mondo del marketing strategico, il coraggio della risposta deve prevalere sulla percentuale di errore.

Dovremmo essere in grado di offrire esperienze alternative.
Dovremmo essere in grado di accantonare, almeno nell’immediato, l’ascia estremamente commerciale e metterci ancora una volta a disposizione dei nostri consumatori

Sicuramente non c’è risposta certa a come ognuno di noi risponderà agli stimoli che il mondo del marketing ci sottoporrà ad emergenza finita.


Impegnarsi in una riflessione legata alla fotografia dello stato attuale del nostro business, ed immaginare come i nostri utenti si comporteranno e di conseguenza le nostre aree di miglioramento ci permette di recuperare un tempo altrimenti perso.

Non c’è risposta certa delle nostre reazioni agli stimoli che il mondo del marketing ci sottoporrà ad emergenza finita.


Impegnarsi in una riflessione legata alla fotografia dello stato attuale del nostro business, ed immaginare come i nostri utenti si comporteranno e di conseguenza le nostre aree di miglioramento ci permette di recuperare un tempo altrimenti perso.

Forse davanti un buon vino
Forse dopo aver letto un buon libro

Sicuramente a casa!